Comunismo libertario: un introduzione

Sciopero sociale, Roma, 14 Nov 2014.
Sciopero sociale, Roma, 14 Nov 2014.

Una breve introduzione a quello che noi di Libcom.org intendiamo per comunismo libertario, che cosa è e perchè pensiamo sia una buona idea.

Submitted by Ed on August 9, 2017

Introduzione

Quando si parla di comunismo si parla di due cose. In primo luogo di un modo di organizzare la società basato sul principio: “Da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni” e in secondo luogo di un vero e proprio movimento che si dirige in tale direzione in questo preciso momento a livello mondiale. In questo articolo si parlerà di questo, partendo da quest’ultima e meno conosciuta definizione.

Il vero movimento

Nella nostra introduzione al capitalismo descriviamo l’economia capitalista e facciamo notare come i bisogni del capitale, ovvero il profitto e l’accumulazione siano opposti ai nostri bisogni come classe lavoratrice.

I datori di lavoro cercano di tagliare gli stipendi, le pensioni, i posti di lavoro, incrementare le ore e il ritmo di lavoro e danneggiare l’ambiente. Dove possiamo, resistiamo, perché le condizioni in cui siamo costretti a vivere in questa economia ci spingono ad affermare i nostri bisogni in contrasto con quelli del capitale.

Questo avviene quando cooperiamo, quando usiamo l’azione diretta e la solidarietà per affermare i nostri bisogni, come quando organizziamo uno sciopero o ci adoperiamo per contrastare tagli di stipendi o carichi di lavoro più pesanti. Allo stesso tempo, attraverso queste azioni gettiamo le fondamenta per un nuovo tipo di società.

Una società basata sulla cooperazione, sulla solidarietà e che risponda ai bisogni umani – una società comunista.

Il comunismo come movimento è quindi una sempre presente tendenza alla cooperazione, all’ aiuto reciproco, all’ azione diretta e alla resistenza della classe lavoratrice in una società capitalista.

Talvolta, questa tendenza ha richiamato grandi numeri nella classe lavoratrice, in grandi ondate di conflitti sociali e militanza sul posto di lavoro, come nell’ America del dopoguerra nell’ondata di scioperi a sorpresa, l’autunno caldo in Italia del 1969, l’ inverno dello scontento in Inghilterra nel 1978 o la resistenza anti-austerity in Grecia che continua dal 2010.

A volte, questi conflitti sociali hanno causato vere e proprie esplosioni di eventi rivoluzionari. Per esempio a Parigi nel 1871, in Russia nel 1917, in Italia dal 1919 al 1920, in Ucraina nel 1921, in Spagna nel 1936 e in Ungheria nel 1956. Questi sono solo alcuni dei momenti in cui la classe lavoratrice ha provato, per mezzo dell’azione collettiva, di rimodellare la società in modo da fare i propri stessi interessi piuttosto che quelli dei padroni.

A ognuno secondo i propri bisogni…

Nel mondo non vi è di certo la mancanza di politici o gruppi politici che affermano di avere piani ben consolidati per creare una società più giusta. Tuttavia, il comunismo non è un qualcosa che può nascere dai decreti dei partiti politici o dei singoli politici ma può essere creato solo attraverso la partecipazione di massa e sperimentazione da parte dei lavoratori stessi.

E’ necessario ora far notare che il “comunismo” niente ha a che vedere con l’ex Unione Sovietica o le odierne Cuba e Corea del Nord. Questi ultimi sono essenzialmente società capitaliste con un solo capitalista, ovvero, lo stato. Allo stesso modo non ha niente a che vedere con la Cina, definitasi “comunista” dal partito dominante ma essendo, in realtà, uno degli stati capitalisti più di successo al mondo.

Nonostante ciò, nei diversi eventi rivoluzionari che hanno preso luogo nel corso della storia (alcuni dei quali sono stati precedentemente menzionati), la classe lavoratrice ha sperimentato con i diversi aspetti del mettere il comunismo in pratica. In questo modo, hanno stabilito i principi su cui una società comunista potrebbe essere organizzata e allo stesso tempo hanno dato esempi pratici di quello che possiamo ottenere se agiamo insieme negli interessi della nostra classe.

Senza Padroni

Al contrario del sistema capitalista che prevede la proprietà privata e il controllo dei mezzi di produzione (terra, fabbriche, uffici, ecc.) da parte di individui o dello stato, una società comunista è basata sulla proprietà e il controllo comune di quei mezzi. E invece di produrre per il mercato e il profitto, comunismo significa produrre per soddisfare i bisogni umani, tra cui il bisogno di un ambiente sicuro.

Siamo noi lavoratori che produciamo e gestiamo tutti I servizi necessari per vivere. Siamo noi che costruiamo le strade e le case, che conduciamo I treni, che ci prendiamo cura dei malati, che cresciamo I bambini, che produciamo cibo, che progettiamo il design dei prodotti, che produciamo i vestiti e insegniamo alle nuove generazioni.

E ogni lavoratore sa che spesso I padroni ci ostacolano più di quanto ci aiutino.

Gli esempi che dimostrano che I lavoratori sono in grado di mandare avanti le attività in maniera autonoma ed efficace sono molti. Infatti possono fare ciò molto meglio che in attività organizzate in modo gerarchico.

Un esempio recente sono le fabbriche che sono state occupate durante la rivolta in Argentina nel 2001, dove un terzo dell’industria del paese è passata sotto il controllo dei lavoratori. E storicamente, ci sono stati esempi ancora più grandi e diffusi.

Per esempio, durante la Guerra civile Spagnola del 1936, la maggior parte delle industrie situate nella Spagna rivoluzionaria sono passate sotto il controllo dei lavoratori e gestite collettivamente dagli stessi. Dove possibile, in alcune aree, i lavoratori si sono spinti ancora più vicini a una società comunista, abolendo la moneta e distribuendo gratis i beni non scarseggianti.

In Seattle, nel 1919 durante lo sciopero generale, la città è passata sotto il controllo e la gestione dei lavoratori, così come in Russia nel 1917, dove i lavoratori presero possesso delle fabbriche, prima che i Bolscevichi facessero rinstaurare l’autorità dei padroni.

Senza Salario

Comunismo significa anche una società senza denaro, dove le nostre attività e i nostri prodotti non prendono più forma di beni da vendere o comprare.

Il dubbio principale della maggior parte delle persone è: L’ essere umano è in grado di produrre abbastanza per la sua sopravvivenza senza la minaccia implicita dell’indigenza messa in atto dal sistema salariale.

Nella realtà dei fatti, è stato ampiamente dimostrato che non ci serve la minaccia dell’ indigenza o dell’ inedia per coinvolgerci in attività produttive.

Per gran parte della nostra storia, non abbiamo avuto né denaro ne lavoro retribuito in salari; ciononostante abbiamo sempre provveduto ad adempiere ai compiti necessari.

Nelle società di cacciatori e raccoglitori, per esempio, che erano per la stragrande maggioranza pacifiche e egalitarie, non vi era distinzione tra lavoro e gioco.

Anche al giorno d’oggi gran parte del lavoro necessario è svolto gratis. Nel Regno Unito per esempio, nonostante i lunghi turni di lavoro, le persone (specialmente le donne) impiegano un extra di tre o più ore in lavori domestici ogni giorno. Inoltre, quasi il 10% della popolazione svolge lavori di cura e il 25% degli adulti svolge attività di beneficenza almeno una volta al mese. In scala globale, il valore economico del lavoro non retribuito è stato stimato di 11 trilioni di dollari nel 2011.

Quasi ogni tipo di lavoro utile che si possa immaginare è svolto da qualcuno gratis, ovvero non come un “lavoro” retribuito, dimostrando che non sono strettamente necessari. Coltivare alimenti, prendersi cura dei bambini e dei malati, suonare musica, riparare automobili, pulire i pavimenti, discutere dei propri problemi agli altri, programmare i computer, fare i vestiti, progettare prodotti… la lista è infinita.

Alcuni studi rivelano come I soldi non siano una motivazione efficace per una buona prestazione in lavori complessi. Avere la libertà e il controllo di ciò che si fa e del come si fa e avere una ragione costruttiva e socialmente utile per fare ciò costituisce la motivazione migliore.

Movimenti come il “free software movement” dimostrano come organizzazioni collettive non gerarchiche volte a un obbiettivo socialmente utile possano essere superiori a organizzazioni gerarchiche a scopo di lucro e che le alle persone non serva l’incentivo del salario per produrre.

Inoltre, senza l’incentivo del profitto, ogni avanzamento tecnologico che porti alla maggiore efficienza del processo produttivo, invece di lasciare a casa i lavoratori e fare lavorare di più quelli che rimangono (come succede oggi), potrebbe portarci a lavorare un po' meno e ad avere un po' più tempo libero. Leggere la nostra “introduzione al lavoro” per più informazioni.

Senza uno Stato

Nella nostra introduzione allo stato definiamo il governo come "un'organizzazione controllata e retta da una piccola minoranza di persone… [con] l'abilità di prendere decisioni politiche e legali in una data area, e di imporle, anche con la violenza se necessario."

Senza divisioni fra datori e lavoratori, e ricchi e poveri, non ci sarebbe più bisogno di un corpo di violenza organizzata controllato da un piccolo numero di persone, come la polizia, per proteggere le proprietà dei ricchi ed obbligare alla povertà, al lavoro salariato e persino alla fame chiunque altro. E senza il bisogno di accumulare capitale o fare profitto non ci sarebbe più il bisogno di eserciti per conquistare nuovi mercati e nuove risorse.

Certo ci sarebbe ancora il bisogno di proteggere la popolazione da individui antisociali o violenti. Ma questo può essere fatto in un modo democratico e localizzato, attraverso un corpo che funzioni tramite mandandato che sia richiamabile e a rotazione, piuttosto che un'incontrollabile forza di polizia che quando brutalizza e persino uccide, quasi sempre rimane impunita.

Per prendere decisioni collettive, invece che una "democrazia rappresentativa" come i governi di molti paesi ad oggi, noi proponiamo una democrazia diretta. Una vera democrazia è più che il diritto di eleggere un pugno di (spesso ricchi) individui che prendano decisioni politiche per conto nostro per alcuni anni, mentre altre decisioni vengono prese senza alcun controllo nei consigli di amministrazione retti dalla "tirannia del mercato".

Possiamo controllare noi stessi le nostre lotte, partendo dai nostri colleghi attraverso assemblee nei luoghi di lavoro e nelle nostre comunità per poter arrivare assieme a cordinarci per grandi aree geografiche usando tecnologie per la comunicazione e consigli di lavoratori con delegati dotati di precisi mandati e richiamabili.

Così come possiamo organizzare le nostre lotte, possiamo anche in fine organizzare noi stessi la società, come la classe lavoratrice ha fatto tempo addietro. Per esempio, durante la rivolta ungherese del 1956, consigli dei lavoratori vennero istituiti per organizzare la gestione della società, come preteso dai lavoratori stessi che volevano un socialismo basato su una democrazia della classe lavoratrice. E più recentemente, fin dall'insurrezione del 1994, la regione messicana del Chiapas è stata retta indipendentemente dallo stato, attraverso una democrazia diretta senza leader e dove i mandati delle figure pubbliche sono limitati a due settimane.

Conclusioni

Molte persone potrebbero pensare che il comunismo suoni come una buona idea ma dubitare che possa funzionare nella pratica. Piuttosto, prima di tutto, è meglio chiedersi "il capitalismo funziona?".

Poichè miliardi di persone vivono in terribile povertà nel bel mezzo di ricchezze inimmaginabili e corriamo inesorabilmente verso una crisi ambientale, crediamo che la risposta sia un sonoro "no". E anche se nessun sistema sarà mai perfetto, crediamo che sia ampiamente provato che, per la maggioranza delle persone (anche per i ricchi che spesso non sono felici nonostente le loro ricchezze), una società comunista funzionerebbe molto meglio dell'attuale società capitalista.

Una società comunista non sarà senza problemi. Ma risolverebbe i maggiori problemi con cui ci confrontiamo oggi, come la diffusa povertà e la devastazione ecologica, permettendoci così di occuparci di questioni molto più interessanti.

Piuttosto che il bisogno di lavorare di più, produrre di più e accumulare di più, possiamo focalizzarci sul come lavorare di meno, far sì che lavoro di cui bisognamo sia più godibile, divertirci di più, essere più felici e giosi.

Invece che misurare il successo di una società attraverso il PIL, possiamo misurarlo attraverso il benessere e la felicità. Invece che relazionarci gli uni con gli altri come 'staff', 'clienti', 'supervisori' o 'competitori', possiamo farlo come esseri umani.

Coloro che stanno scrivendo o leggendo questo [materiale] potrebbero non vivere abbastanza da vedere una società pienamente comunista libertaria. Ma anche ora quello comunistico è un movimento reale - come lotte di tutti i giorni per far valere i nostri bisogni contro quelli del capitale - che migliora le nostre vite qui e ora e ci da una migliore chance di proteggere le nostre condizioni di vita e lavorative, tanto quanto [quelle] del pianeta, per noi stessi e le future generazioni.

Infatti è il comunismo come movimento reale - ovvero la lotta quotidiana per difendere e migliorare oggi le nostre condzioni - che pone le fondamenta per il comunismo come società basata sulla libertà e l'uguaglianza.

Il movimento che noi chiamiamo così è stato chiamato, in tempi e luoghi differenti, 'comunismo anarchico', 'comunismo libertario' o semplicemente 'socialismo' o 'comunismo'. Ciò che importa, in fin dei conti, non è il nome o l'etichetta ideologica ma la sua esistenza, non solo come un ideale futuro ma come incarnazione vivente dei nostri bisogni, dei nostri desideri e del nostro spirito di resistenza nelle nostre vite quotidiane. Questo spirito di resistenza esiste, ed è sempre esistito, in ogni società e sotto ogni regime in cui ci sono ingiustizia e sfruttamento; e con esso, la possibilità di un mondo basato sulla libertà e l'uguaglianza per tutti.

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